DAI RITRATTI DI NUDO ESEGUITI DA FOTO AL SOGNO DEL RITRATTO ARTISTICO DIPINTO
Negli anni che seguirono l’invenzione della fotografia e la sua presentazione (1839), fra la nuova “arte” e la pittura si stabilì un aspro dibattito e un rapporto di vero amore-odio. Molti fotografi degli inizi avevano prima tentato con scarso successo la carriera di pittori e approdavano nella nuova arte trasferendovi le conoscenze pittoriche e le nozioni accademiche che avevano acquisito. I pittori affermati, quelli accademici, che godevano del favore del potere e della ricca borghesia, vedevano nelle possibilità rappresentative del nuovo mezzo (in rapida affermazione) una seria minaccia al loro mestiere. È stato calcolato che negli ultimi decenni dell’Ottocento a Parigi, indiscussa capitale dell’arte internazionale, ci fossero circa un migliaio di sole modelle italiane emigrate (molte dalla Puglia) che si guadagnavano da vivere posando per i pittori e gli scultori. Il che la dice lunga sul favore che il nudo incontrava presso gli artisti e la loro clientela. L’uso di modelli e modelle dal vero comportava lunghe, reiterate e spesso disagevoli sedute di posa e conseguenti spese, sicché la pittura iniziò tempestivamente a servirsi della fotografia per sostituire o quanto meno limitare la posa dal vivo. Le pose fotografiche dell’epoca, molto lunghe se raffrontate alle “istantanee” di oggi, a causa dei materiali ancora scarsamente sensibili, risultavano comunque avere tempi esigui se confrontati con quelli necessari a realizzare un dipinto. Inoltre la pratica fotografica ottocentesca si rivolgeva di norma, a modelle e modelli di più disagiata estrazione (e dunque di minor pretese remunerative) rispetto a quanto accadeva negli studi dei pittori più affermati. Ben presto i repertori fotografici con figurazioni di nudo destinati ai pittori professionisti e all’attività didattica dei corsi di nudo nelle accademie di belle arti proliferarono. Ovviamente, questo genere di immagini interessava anche agli amateur di immagini erotiche, i quali tuttavia potevano già soddisfare le loro passioni con maggior soddisfazione, rivolgendosi al precocissimo e floridissimo mercato della fotografia pornografica: nel 1874 la sola polizia londinese aveva sequestrato oltre 135 mila immagini oscene. Negli ultimi decenni dell’Ottocento pittura e fotografia si trovarono ad operare a ricalco: i pittori (ma anche gli scultori) utilizzavano i repertori con i corpi fotografati e nel contempo si servivano della fotografia per riprodurre e diffondere la conoscenza delle loro opere dove i nudi traboccavano. I fotografi riproponevano all’infinito corpi in pose “accademiche” adeguandosi ai gusti imperanti nella pittura e alle esigenze della committenza: è il trionfo delle ambientazioni mitologiche e arcadiche e di quelle inneggianti alla classicità mediterranea. Tutto questo è possibile scorgere nelle stampe su carta albuminata dei fotografi della seconda metà dell’Ottocento, di quanti, come Louis Adolphe Igout, lavorarono per il famoso editore parigino Calavas.
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